Verso la fine degli anni Trenta arrivò ad Aosta un gruppetto di ufficiali argentini. Sbarcarono un pò spaesati dalla "littorina" e guardarono stupefatti la meravigliosa corona di monti che li attendeva. Erano infatti venuti a frequentare un corso di roccia e ghiaccio nell' "università militare dell' alpinismo". Tra loro c'era un giovane capitano di cui in seguito si sarebbe parlato molto: si chiamava Juan Peròn. Negli anni precedenti, altri militari stranieri erano venuti per la stessa ragione: i primi, nel 1935, erano stati i cinesi. Ciang Kai-scek, che aveva molta stima per le forze armate italiane, li aveva spediti ad Aosta perchè la fama di quella scuola era arrivata fino a Nanchino.
Eppure la "Scuola Centrale Militare d'Alpinismo", come era stata battezzata ufficialmente era nata solo da un anno, in un appartamento delle case INCIS (costruite per gli impiegati dello Stato), con qualche ufficiale di buona volontà appollaiato su tavoli da casermaggio.
Stranamente, l'idea di una "scuola di perfezionamento" per gli alpini non era venuta in testa a un militare ma a un civile, l'avvocato Umberto Balestrieri di Torino. Un "borghese" che però se ne intendeva: era infatti maggiore di complemento degli alpini, accademico del CAI, combattente della Prima Guerra Mondiale. L'avvocato Umberto Balestrieri aveva lanciato l'idea con un articolo pubblicato nel novembre del 1924, il cui tema centrale era: "E' impensabile, dopo l'insegnamento che ci è venuto dalla guerra, che gli alpini possano esimersi dall'obbligo di essere anche alpinisti".
Ci volle un po' di tempo, ma poi la proposta dell'avvocato torinese fu accettata dallo Stato Maggiore e tradotta in realtà. Nell'estate del 1933 il capitano Giorgio Fino presentava all'ispettore delle truppe alpine, generale Celestino Bes, una dettagliata memoria con il progetto di creazione della scuola. Nel dicembre di quello stesso 1933, l'apertura ufficiale dei corsi. Ricorre dunque alla fine di quest'anno il cinquantenario di un istituto militare che è un vero fiore all'occhiello delle nostre forze armate. Era un nucleo eccezionale di ufficiali, quello che diede vita ad Aosta alla "Scuola Centrale Militare d'Alpinismo", più brevemente SCMA.
Il primo comandante fu il tenente colonnello Luigi Masini, un personaggio formidabile. Valoroso combattente, aveva un carattere difficile, da quel toscanaccio che era: detestava la burocrazia e le scartoffie; più d'una volta, davanti agli occhi esterefatti del suo aiutante maggiore, aveva appallottolato le circolari con cui lo Stato Maggiore lo bombardava e le aveva date da mangiare a un mulo, affermando che era la cosa migliore che se ne potesse fare. (E qualcuno si chiedeva che diavolo ci trovasse di buono, il mulo,in quei fogli di carta velina). Dieci anni dopo, Masini sarà il leggendario "Fiore" comandante partigiano delle
Fiamme Verdi; finita la guerra, andrà in Parlamento deputato del partito socialista. Grande alpinista, grande sciatore, era l'uomo giusto,ad Aosta. Il suo più stretto collaboratore era il capitano Felice Boffa Ballaran, di Biella. Altro personaggio incredibile. Alpinista accademico, era famoso perchè si arrampicava sempre con un mezzo toscano spento in bocca; quando si apriva il foro nella cornice di neve di una vetta, subito dietro la becca della picozza compariva il sigaro di Boffa. Una volta non trovò di meglio, per godersi la licenza annuale di trenta giorni, che impiegarla in un raid sciistico solitario lungo tutto l'arco delle Alpi. E c'erano Francesco Vida e Giuseppe Innudi, futuri generali, e il capitano Paolo Signorini, che si guadagnerà la medaglia d' oro in Russia alla testa del 6° Alpini. Erano davvero uomini di ferro. Il 9 gennaio 1934 si inaugura ufficialmente la Scuola, il cui comando - poco dopo - disporrà di una sede di grande prestigio. Lo Stato acquista infatti dai baroni Jocteau il castello Beauregard, che domina Aosta e fronteggia le cime severe dell'Emilius e della Becca di Nona. Prezzo: un milione di lire di allora (mica poo), più duecentomila per il mobilio di pregio che lo arreda. Soldi spesi bene, però, perchè attorno all'imponente edificio c'è un bellissimo parco e il castello ha persino un suo acquedotto privato.
Mentre ancora si svolge la cerimonia dell'inaugurazione arriva un telegramma da Roma; è nientemeno di Pio XI, quel Papa Ratti appassionato e valente scalatore di monti, il quale - rompendo il rigido protocollo vaticano - ha voluto mandare un messaggio augurale a un pugno di uomini nei quali egli vede certamente più gli alpinisti che i militari.
La Scuola assume un nome, quello del Duca degli Abruzzi, esploratore e alpinista, morto proprio quell'anno in Somalia, a soli sessant'anni. Lo sforzo del comando è rivolto a ottenere il meglio di tutti i settori che con la montagna hanno a che vedere; così i futuri istruttori di sci vengono affidati alle cure del più famoso tecnico del tempo, quell'Hans Nöbl, austriaco che gli sciatori con i capelli bianchi ancor oggi venerano.
Inoltre vengono istituiti corsi teorici di discipline che hanno un rapporto di parentela con l'ambiente della montagna: la geologia, la glaciologia, con particolare riguardo allo studio delle valanghe, la meteorologia, la fisiologia, l'igiene alle alte quote, eccetera.
Tutto ciò ha naturalmente finalità militari; lo scopo è la formazione di superspecialisti della montagna, per i quali viene coniata la definizione (linguisticamente discutibile) di
Alpieri. Li chiamano anche "piccoli condottieri", perchè lo scopo dell'addestramento al quale sono sottoposti è di formare comandanti di piccolissime unità, in grado di agire autonomamente nelle condizioni più difficili, capaci di condurre in ambiente impervio minuscoli reparti armati.
Affluiscono da tutte le valli alla Scuola di Aosta i più bei nomi dell'alpinismo e dello sci, il che consente di organizzare e portare brillantemente a termine imprese alpinistico-militari che lasciano stupefatti gli esperti e destano ammirazione anche in chi di montagna mastica poco. Per esempio, Masini decide di far fare il giuramento alle reclute in un luogo più affascinante di un cortile di caserma: la vetta del Bianco. E infatti dal 17 al 22 giugno 1935 oltre duecento tra ufficiali, sottufficiali, alpini e artiglieri alpini scalano il monte più alto d'Europa, aggredendolo da vie diverse, alcune delle quali estremamente impegnative. L'anno dopo il fantasioso colonnello Masini fa attraversare la catena delle Grandes Maurailes, da Valpelline a Valtournanche, a 600 uomini completamente armati.
C'è un risvolto negativo, nella felicie e rapida crescita della Scuola di Aosta: essa screma dai reparti i migliori elementi, cosa che fa bestemmiare i comandanti dei regimenti; ma poichè la Scuola ha il compito di formare istruttori da rimandare alle unità, il malcontento si quieta.
Certo che scorrere i nomi degli alpinisti e degli sciatori che hanno fatto parte di questa scuola negli anni Trenta-Quaranta fa impressione: è un vero Gotha della montagna. Gli accademici del CAI e le guide famose si sprecano: Giusto Gervasutti, Renato Chabod, Emilio Comici, Jean Pelissier, Poldo Gasparotto, Carletto Negri, Emanuele Andreis, Luigi Perenni. E ancora: un caporal maggiore che si chiama Ugo Tizzoni ed è quello che, con Cassin ed Esposito, ha scalato la nord invernale dell'Eiger in prima assoluta. Gli "azzurri" di sci non si contano nemmeno; ecco un caporal maggiore dal greve accento toscano e dal profilo cavallino: Zeno Colò. Accanto ai valligiani, i " cittadini" come Giuliano Babini e Carlo Travaglio, campioni nazionali di sci e universitari.
Frattanto si accentua l'aspetto sportivo della Scuola di Aosta. E' un bene o un male? Dal punto di vista rigorosamente militare forse è una dispersione di energie; ma dal punto di vista del prestigio dello sport italiano è un fatto positivo. Da questa "università della montagna" esce infatti la straordinaria vittoria alle olimpiadi di Garmisch-Partenkirchen del 1936, dove la pattuglia comandata dal capitano Silvestri vince la gara di fondo e tiro battendo anche i favolosi nordici. E a Cervinia si costituisce il "Nucleo Pattuglie Veloci Sci-Alpine", più brevemente chiamato "Sci Veloci". Inutile dire che c'è la crema dello sci italiano, di ogni specialità.
La Scuola di Aosta è ormai un solido e proteifome complesso di reparti, cui si aggiunge, nei primi mesi del 1936, il battaglione
Duca degli Abruzzi, la cui destinazione bellica è di operare nelle più difficili condizioni, alle quote più alte. Se gli alpini sono, come sono, un corpo scelto nell'esercito italiano, il
Duca degli Abruzzi è l'élite nell'élite. Portare il cappello con la nappina blu è un vanto riservato ai migliori. Per costituire il
Duca fanno appello ancora una volta a uno dei "padri" della Scuola, quel capitano Boffa di cui si è detto. Boffa mette in piedi il battaglione e lo comanda ad interim finchè arriva il comandante titolare, maggiore Ettore Bellani, un "vecchio" che si era fatto tutta la guerra sui ghiacciai dell'Ortles-Cevedale. Intanto lo Stato Maggiore scopre che pagare l'indennità di trasferta agli allievi dei corsi di alpinismo (che si tengono, ovviamente, sulla catena del Bianco) costa troppo; il comando della Scuola " inventa" allora una palestra alpina artificiale proprio sotto il castello Jocteau, creando a colpi di mina una parete di roccia che presenta tutti i gradi di difficoltà, dal primo al sesto della famosa "scala di Welzenbach". Ne sono autori il capitano Inaudi e - particolare curioso - Toni Ortelli, un disegnatore meccanico della società
Cogne, che è anche un provetto alpinista ed è l'autore della canzone alpina forse più famosa:
La Montanara.
Inaudi ha appena finito di costruire la sua montagna finta, che l'uragano della guerra si abbatte sull'Europa; il capitano Inaudi assume il comando di una piccola unità speciale, nuova di zecca, che sembra fatta apposta per lui: il
Reparto Autonomo Monte Bianco. Siamo alla super-élite: ne fanno parte, infatti, i migliori fra i migliori, perchè compito del reparto (corrispondente come organico a una compagnia) è di presidiare la zona del Bianco dal Col de la Seigne al Col Ferret; che è come dire la cresta più ardua d'Europa, tutta intorno ai 4000, dove già sopravvivere è un problema, figurarsi combattere.
I nomi dei comandanti dei tre sottosettori in cui si divide lo schieramento del
Monte Bianco sono eloquenti: il
Miage lo comanda Giusto Gervasutti, il
Gigante Renato Chabod, il
Ferret Emanuele Andreis. Il 10 giugno 1940 il battaglione
Duca degli Abruzzi vieni mobilitato e prende posizione sul Col de la Seigne. Le ostilità sul fronte occidentale durano poco; all'armistizio,
Monte Bianco e
Duca degli Abruzzi vengono sciolti.
Quasi nello stesso tempo il comandante della Scuola di Aosta riceve un altro incarico: la costituzione di due battaglioni sciatori da spedire in tutta fretta in Albania (dove, come si sa, le cose volgevano al peggio, nonostante il truculento impegno di Mussolini di "spezzare le reni alla Grecia"): il
Monte Rosa al comando dell'onnipresente Boffa, promosso frattanto maggiore, e il
Monte Cervino al comando del maggiore Gustavo Zanelli. Anche Zanelli è un personaggio a tutto tondo: bolognese, gran gentiluomo e "tombeur de femmes" grazie alla sua avvenenza da moschettiere; in Albania Zanelli deve piantar la tenda ben lontano dalle altre perchè di notte russa in modo insopportabile (ciò spiega, forse, perchè il bel Gustavo è uno scapolo ostinato).
Il
Cervino parte per i monti della Grecia ai primi del '41. Scrive il colonnello Umberto Pelazza, appassionato cultore di storia alpina: "Il
Cervino passò come una meteora sui campi di battaglia, aggregato ora a questa ora a quella divisione, senza conoscere cambi, turni di riposo, rancio caldo, combattendo anche per squadre e plotoni davanti e alle spalle del nemico. Nei primi giorni caddero i due comandanti di compagnia e l'aiutante maggiore, Zanelli fu ferito e il comando fu asssunto da un sottotenente. Un mese dopo il suo arrivo, il
Cervino non esisteva più".
Ad Aosta tornano i superstiti: 60 su 340 che erano partiti. Passa qualche mese, e il battaglione sciatori viene ricostituito: la destinazione, questa volta, è la Russia. All'inizio sembrava che dovessero andare sul Caucaso e i ragazzi del
Cervino già sognavano belle discese su quelle nevi immacolate. Sarebbero stati scaraventati, invece nell'ansa del Don. Era un battaglione di 600 uomini, quello che era partito per la guerra: nel gennaio del '43 tornano in 75. Il 90 per cento degli ufficiali era caduto sul campo.
Frattanto un altro compito era stato affidato alla Scuola di Aosta: Formare gli allievi ufficiali destinati a riempire i vuoti spaventosi dell'Albania e della Russia. In tre corsi i due battaglioni alpini e il gruppo d'artiglieria sfornarono centinaia di futuri sottotenenti, molti dei quali fecero in tempo a norire in Russia.
Sembra comunque che a Superesercito siano convinti che la Scuola di Aosta può risolvere qualsiasi problema: nel convulso periodo che va dal 1942 all' 8 settembre '43, oltre alle funzioni normali di addestramento sciistico-alpino al "castello" (come brevemente viene chiamato il comando della scuola) chiedono le cose più strane: addestrare i reparti destinati all'attacco di Malta (non si farà mai), sperimentare mezzi cingolati da neve (non verranno mai usati: si rovesciano per via dei cingoli troppo stretti e del baricentro troppo alto; inoltre con il freddo i motori non partono: e si pretende di impiegarli in Russia!). Infine, l'ordine più strampalato: addestrare cani per farne portaordini.
Poi l'armistizio, la Resistenza (tranne pochissimi casi, tutti gli uomini della Scuola vi partecipano), il dopoguerra.
Le forze armate italiane risorgono faticosamente dalle ceneri. Malgrado le difficoltà, a Roma tutti sono d'accordo che la Scuola di Aosta deve rinascere. E rinasce, infatti, con qualche mutamento formale. Si chiamerà "Scuola Militare Alpina", invece di "Scuola Centrale Militare Di Alpinismo", e la sede del comando, il bel castello Jocteau, sarà ribattezzato col nome del leggendario generale Cantore (quello che nel 1915, sulle Tofane, conduceva all'attacco i suoi soldati, come un'umile sottotenente qualsiasi, ritto in piedi, gridando con il suo accento ligure:"avvanti, alpini, avvanti!"; e una pallottola lo colpì in mezzo agli occhi).
Il 22 agosto 1948 la Scuola riprende l'attività; la rimettono in piedi alcuni nomi noti della vecchia SCMA: il tenente colonnello Francesco Vida, il maggiore Antonio Usmiani (aveva comandato la compagnia Alpieri e durante la Resistenza aveva fatto un lavoro così importante che Allen Dulles ne aveva imposto ai tedeschi la liberazione, insieme a quella di Ferruccio Parri), il maggiore Giuseppe Fabre - alto come un soldo di cacio, già ferreo comandante degli "Sci Veloci" - i capitani Ugo Corrado e Bruno Gallarotti.
I nuovi compiti della rinata Scuola di Aosta si discostano da quelli di una volta per una maggiore attenzione all'aspetto militare e un allargamento degli organici. Dal comando del castello "Cantore" dipendono, oltre ai vari uffici e reparti normali in una grande unità, una sezione "Studi, esperienze e valanghe", un "Battaglione Esploratori", un battaglione che forma gli allievi ufficiali di complemento, un battaglione operativo (il glorioso
Aosta), uno "Squadrone Elicotteri".
Dal 1964, il comandante è un generale, grado giustificato dalla complessità dei compiti della Scuola: oltre a tutti quelli che già si sanno, c'è lo studio e la sperimentazione dei materiali, l'aggiornamento della regolamentazione, l'addestramento sciistico valligiano (istruttori militari vengono mandati ogni inverno nelle valli a insegnare ai "cuccioli", i campioni di domani), il perfezionamento del soccorso in montagna. E anche l'attività agonistica e quella alpinistica di livello eccezionale: il 5 maggio 1973 due militari della Scuola, il sergente Mirko Minuzzo e l'alpino Rinaldo Carrel, piantano la bandiera italiana sulla cima dell'Everest. Il giorno dopo un'altra cordata della Scuola ripete l'impresa. La tradizione che vuole che gli ufficiali siano all'altezza dei loro soldati, non si smentisce in questa seconda edizione della Scuola di Aosta: il 1° marzo del 1970, il comandante, generale Bruno Gallarotti (50 anni suonati) ha partecipato alla famosa Vasaloppet macinando tranquillamente l'intero percorso: 85 chilometri in sci, tutti d'un fiato!
Naturalmente la fama della Scuola, mai offuscata, si rinvigorisce anche all'estero. Ed ecco arrivare, per frequentarne i corsi, argentini, statunitensi, cileni, inglesi, canadesi, tedeschi e persino iraniani e nepalesi. Si fanno anche ascensioni "plurinazionali", come quella del 18 agosto 1959 sul Bianco che ha visto insieme cordate italiane, francesi, tedesche, olandesi e inglesi. La Scuola di Aosta è proprio "l'università della montagna".
Nel museo del materiale alpinistico allestito nel castello "Cantore", accanto a quegli sci di frassino dalle enormi punte ricurve su cui impararono a scivolare i nostri bisnonni, accanto agli scarponi chiodati delle leggendarie guide del Cervino, accanto ai commoventi "pistocchi" (traduzione casermeccia di "alpenstock") della guerra dell'Adamello, ci sono i più recenti ritrovati della tecnica scialpinistica.
Il comandante è un generale dalla faccia da ragazzo. Si chiama Luigi Cappelletti ed è trentino. Elegante sciatore, non ignora l'apetto sportivo dell'istituto che dirige. Però, parlandogli, ci si accorge che è molto attento a due aspetti: la funzione culturale e la funzione militare della Scuola di Aosta. Dice:"che la Scuola operi come potente fattore di amalgama sociale è innegabile: condotti qui dalla comune passione per la montagna, ricchi e non ricchi, altoatesini che parlano tedesco e valdostani francofoni, giovani di cultura sofisticata e giovani meno colti si mescolano e si comprendono. C'è poi - non trascurabile - il rapporto continuo con la società valdostana, un aspetto che curiamo puntigliosamente. Quanto alla funzione militare, è noto l'orientamento attuale della dottrina a proposito di impiego "versatile" delle truppe alpine, vale a dire in zona collinare e in pianura, oltrechè in montagna. La Scuola sembrerebbe l'ambiente meno adatto a recepire questa linea di pensiero militare; invece siamo pienamente consapevoli della necessità di un impegno siffatto. Non per nulla ci occupiamo anche di addestramento controcarro: il cingolato che scende lungo i solchi vallivi non è un'ipotesi improbabile, tutt'altro. E insistiamo sull'addestramento dei piccoli reparti in condizioni di autonomia, perchè questo impiego si sposa benissimo con le concezioni belliche più avanzate".
Insomma, i "piccoli condottieri" sono ancora - nonostante le trasformazioni tecnologiche e le caratteristiche diverse che assumerebbe un futuro conflitto - la struttura portante delle truppe alpine. Soluzione tanto più ragionevole per un Paese come il nostro, che non potrà mai disporre di quelle grandi masse d'eserciti e di quegli imponenti arsenali di mezzi che ormai solo le superpotenze possono permettersi.
COME FUNZIONA LA SCUOLA
La Scuola di Aosta è un'unità militare i cui organici sono disseminati in molte sedi,e ciò per motivi di razionalità di dislocazione. Oltre alla sede storica del castello Jocteau, vi sono: la Caserma Bich (intitolata a una delle più famose guide del Cervino) sede della compagnia comando e servizi; la Caserma Cesare Battisti, sede del battaglione allievi ufficiali di complemento e del comando battaglione esploratori; la Caserma Ramires, sede dell'autosezione; la Caserma Perenni (intitolata al vincitore di Garmisch, tragicamente perito nell'agosto del '45 sul Breuil) a Courmayeur, sede del 1° plotone speciale atleti; la Caserma Monte Bianco, a La Thuile, sede del plotone esploratori; la Caserma Testafochi, ad Aosta, sede del battaglione Aosta; e infine l'eliporto di Pollein, sede dello squadrone elicotteri.
Nella sua organizzazione attuale, la Scuola Militare Alpina (SMALP) è struttturata così: la comanda un generale di brigata (ovviamente degli alpini); il comando comprende un capo di S.M. (tenente colonnello o colonnello), un Ufficio segreteria, personale e benessere, un Ufficio addestramento, un Ufficio servizi, un Ufficio amministrazione, un Ufficio studi, esperienze e valanghe, una Compagnia comando e servizi, un Battaglione allievi ufficiali di complemento, un Battaglione alpino (Aosta), un Battaglione esploratori, uno Squadrone elicotteri. In tutto oltre 2000 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa.
Un cenno particolare meritano il Battaglione esploratori, lo Squadrone elicotteri e il Battaglione allievi ufficiali di complemento. Il primo è diviso in una Sezione scialpinistica (composta di ufficiali e sottoufficiali istruttori) e in una compagnia esploratori, composta di un plotone atleti e di un plotone alfieri. Si tratta di un battaglione dall'organico del tutto atipico rispetto alla norma dei battaglioni. La sua forza oscilla tra i 300 e i 350 uomini.
Del secondo va detto che in dieci anni di attività ha compiuto 631 missioni, accumulando circa 900 ore di volo, effettuate tutte in condizioni difficili, dato l'ambiente in cui si sono svolte. Nel corso di un decennio, il 545° Squadrone ha recuperato 58 dispersi, 82 salme e 366 feriti (molti dei quali debbono la vita all'intevento rapido e tempestivo dell'elicottero), e ha trasportato 1564 soccorritori.
Il battaglione allievi ufficiali di complemento prepara in ogni corso dai 120 ai 150 sottotenenti alpini. La proporzione tra i giovani che richiedono di frequentare il corso e quelli ammessi è di circa 1 a 15. La selezione è dura. Oltre all'attitudine e all'idoneità fisica - requisiti essenziali - l'iscrizione al CAI e gli attestati rilasciati dalle scuole nazionali di sci costituiscono titolo preferenziale per l'ammissione.
Da ultimo va detto che la SMALP intrattiene rapporti costanti con organismi stranieri, militari e scientifici, che si occupaano dei problemi della montagna. L'ufficiale addetto a questo compito è il capo dell'Ufficio studi ed esperienze.